Spirit of Sword, manga: Inuyasha

« Older   Newer »
  Share  
Syria Pegasus
view post Posted on 19/8/2008, 13:38




Spirit of Sword
BY: Syria Pegasus




Chapter I :

Inu No Taisho rimase immobile ad osservare la scena che gli si parava dinnanzi, con gli occhi ristretti per lo sdegno.
Ningen in catene, deportati dagli Youkai affinché ampliassero il castello tra le montagne, l’inespugnabile roccaforte che da secoli fungeva da punto di ritrovo e capitale del regno Youkai, luogo sacro ed inviolabile in cui persino egli che ne era il capo doveva chinare la testa sotto il dominio degli anziani.

Pazzi…
Potenti…
Intoccabili…

Ogni regno si basa sul principio d’inviolabilità del sovrano assoluto ed ha una religione da seguire. La fede degli inu-youkai era rivolta verso gli anziani, creature antiche e potenti quanto misteriose, animate da ideali ignoti; Inu no Taisho distolse lo sguardo dalla fila di umani in catene, sempre più propenso verso l’idea che questa schiavitù insensata fosse inutile. I demoni sono superiori agli umani, questo gli avevano insegnato durante la formazione, ed i primi devono annichilire gli ultimi, fragili, deboli, stupidi, poiché altro non possono fare oltre che servire i loro padroni, ma col tempo l’Inu-youkai aveva scoperto altro su quella razza definita tanto infima: i sentimenti. Ed aveva visto quanto forti potevano essere, aveva sperimentato sulla sua pelle cosa sono in grado di fare i ningen guidati dall’onore, dalla rabbia e dall’amore verso la propria terra. Aveva visto eserciti sconfitti continuare ad avanzare in preda al delirio, scagliandosi contro i suoi demoni impassibili con un vigore che nulla aveva dell’umano. Aveva visto…e sapeva che l’unica cosa che impediva a quegli esseri fragili di insorgere contro di loro è la paura.

“Inu No Taisho-sama” un demone s’inginocchiò alle sue spalle, tenendo gli occhi bassi in segno di rispetto.
“Parla…”
“Il sommo Sensei desidera vedervi, a quanto pare stanno sorgendo dei disordini all’interno della feccia” il demone maggiore contrasse le labbra sentendo con quanta superbia il soldato aveva pronunciato la parola ‘feccia’, perché nessuno possedeva l’intelligenza di capire quel mondo così diverso? Perché nessun demone era mai riuscito a vedere quella sorprendente forza radicata nell’essere umano? Dall’alto dello sperone roccioso fissava la folla in catene, trascinata verso le cime dei monti, con i piedi scalzi, grondanti di sangue affondati nella fredda neve perenne; osservava in silenzio senza degnare d’attenzione il servo, osservava con gli occhi d’orati i demoni boriosi percuotere con lance e mazze le povere schiene dei contadini gementi…osservava e più il suo sguardo si faceva intenso più il disgusto cresceva…

“Mio signore?” azzardò il soldato prima d’esser fulminato con una semplice, sfuggevole occhiata. Senza dire una parola, il demone maggiore svanì tra i sempreverdi che costeggiavano la parete rocciosa.

---------------------------------------------------



Aveva smesso di provare dolore da tempo, per questo motivo non si rese conto che i colpi inferti con la punta della lancia erano cessati. Stringeva spasmodicamente un lungo oggetto avvolto in stracci putridi senza accennare ad allentare la presa, non avrebbe mai lasciato quel prezioso tesoro, mai, nemmeno se le avessero promesso salva la vita.
Respirava piano, con il volto premuto contro il freddo tappeto di neve, raggomitolata su se stessa. Le mani ed i piedi erano divenuti insensibili, inesistenti, come se glieli avessero staccati di netto dal corpo; ad ogni sbuffo una piccola nuvoletta di vapore si levava dalla bocca semiaperta, grondante di sangue. Le labbra spaccate, il corpo pallido ricoperto di tagli ed abrasioni con le vesti fradice di nevischio e sangue appiccicate agli arti nei punti in cui non gliele avevano strappate con forza, bastardi! Pensò nella sua lingua, mantenendo gli occhi fissi sulla bianca coltre.
Aveva sopportato in silenzio le percosse ed il dolore ma, quando gli Youkai l’avevano spinta a terra manifestando la chiara intenzione di volerla violentare l’istinto di sopravvivenza si era risvegliato; aveva lottato finché le scarse forze gliel’avevano concesso e poi…poi…poi i mostri si erano fermati udendo un ordine secco.

Sentì dei pesanti passi affondare nella neve e poco dopo un paio di stivaletti entrò nel suo campo visivo.
La ragazza strinse con forza maggiore l’oggetto avvolto nei panni, raggomitolandocisi attorno, non l’avrebbe mai ceduto finché non fosse giunto il momento, non aveva attraversato l’aurasia ed il mar Cinese per morire sotto i colpi inferti da un branco di demoni minori, non poteva morire per mano loro, doveva trovarlo.

“Vediamo un po’ cos’abbiamo qui” mormorò la creatura che le si era parata dinnanzi, inginocchiandosi quanto bastava per poterle scostare i capelli lunghi, sudici e zuppi dal volto. Lei rimase immobile quando due profondi occhi ambrati, tendenti all’arancio, s’incontrarono con i suoi, d’un colore talmente chiaro da sembrare argento.
“Oh…” esclamò il demone sulle cui labbra era affiorato un piccolo sorriso d’incoraggiamento, “Vi vedo un po’ spaesata signorina”
Lei non rispose, non capiva la sua lingua. Serrò il labbro spaccato riaprendo la ferita con le mani oramai gelate attorno all’oggetto al quale si stringeva. L’Inu-youkai la scrutò con compassione prima di chiamare a raccolta gli ufficiali che fino a poco prima del suo arrivo si erano divertiti a torturarla.
“Lasciateci” ringhiò secco e fece per afferrare la ragazza.
Quest’ultima si ritrasse con uno scatto improvviso che mise in allerta gli youkai minori, rimasti immobili dietro al loro signore; “Siete forse sordi? Vi ho ordinato di andarvene!” ringhiò quest’ultimo con lo sguardo venato di cremisi, mentre avanzava lentamente verso la ningen.
“Ma signore…”
“Se non farete come ordinato sarò costretto ad uccidervi” e questa volta non ebbe repliche.

Solo con la ragazza tremante dal freddo e zuppa di sangue, il demone poté lasciarsi sfuggire un sospiro di sollievo. La stupidità dei suoi sottoposti lo lasciava sempre più basito, come potevano ritenere onorevole combattere in cinque contro una ragazza sola, per di più disarmata e morta di freddo? Le lanciò una breve occhiata studiandone la fisionomia: benché fosse seduta, con le gambe premute contro il torace, il demone era sicuro che non fosse molto alta; i lunghi capelli impastati di sangue, fradici per via della neve, le ricadevano ai lati del viso e lungo la schiena, rossi come lingue di fuoco; pelle diafana, sporca, ricolma di cicatrici ed abrasioni ed occhi grandi, in qualche modo ingenui e puri, meravigliosi come il volto della luna. Dischiuse le labbra un paio di volte, cercando forse di formulare una frase, ma le richiuse subito.

“Non ti farò del male...non ne ho motivo” spifferò l’Inu-youkai osservandola attentamente.

Anche lei, dalla sua posizione pareva scrutarlo attentamente. Alto e longilineo, non pareva particolarmente muscoloso, sebbene il corpo fosse celato dall’armatura somigliante a quella dei samurai, con le braccia celate dalle maniche d’un kimono di colore scuro; i lunghi capelli argentei, ornati da due trecce che si congiungevano al resto della massa in un codino sulla nuca, fluivano liberi nel vento mentre il suo sguardo aranciato era fisso su di lei.
Sulle guance del demone vi erano tre segni blu, ripetuti sui polsi e lungo il collo.
Guerriero…Inu-youkai…pensò e poi udì le sue parole senza comprenderne il significato.

“(I don’t know you’re language)” mormorò chinando il capo “(Excuse me)”
“(because you should excuse yourself? you don't have guilt) » rispose la creatura ampliando il sorriso, mentre lei lo osservava stupita formulando la domanda più spontanea:
“(how do you do to know my language?) » gli occhi larghi incontrarono nuovamente i pozzi aranciati.
“(I know your world…over the mirror)”

Dopodiché vi fu il silenzio. Le due creature rimasero immobili a fissarsi senza vedersi davvero, il demone aveva compreso chi fosse la ragazza e da quale mondo provenisse, l’aveva capito nel sentirla parlare, nel osservare i suoi tratti somatici così diversi. Lei iniziava a riacquisire un minimo di fiducia, sentendo crescere in corpo la speranza di poter finalmente porre fine alla sua missione.

“(What’s your name?)” mormorò la ragazza studiandolo attentamente.
“(Inuzaki, Sensei Inuzaki…and are you?)”
“(Shaymalain)”

Mistico, irreale è l’incontro fra due mondi. Il demone Cane le si avvicinò, raccogliendola tra le braccia con la stessa delicatezza con cui si maneggia un cristallo prezioso e questa volta lei non oppose resistenza. C’erano ancora molte domande che ella voleva rivolgere al demone ed una in particolare le faceva pressione in gola, ma sapeva che quello non era il momento adatto…sapeva che quella creatura era a conoscenza della verità e che l’avrebbe aiutata a trovare…


Inu No Taisho scostò i panneggi che separavano la tenda di Inuzaki dal resto dell’accampamento, venendo colpito dal forte odore di erbe aromatiche ed incensi che aleggiava nell’aria calda. Unica fonte di luce una irradiata da un piccolo fuocherello acceso al centro dello spazio coperto, su cui l’occupante stava cucinando del pesce.
Gli occhi ambrati guizzarono per lo spazio arredato spartanamente, fino a scorgere la figura del Sensei, accucciato a terra dinnanzi ad un giaciglio.
“Ti aspettavo…” rispose quest’ultimo dandogli le spalle.
“Mi hai mandato a chiamare, è successo qualcosa di grave?” chiese il demone maggiore rimanendo immobile a pochi passi dalla schiena di colui che, cent’anni prima, fu il suo maestro.
“Un fatto strano più che grave…una svolta…un segno” gli occhi aranciati dell’anziano incontrarono i pozzi ambrati del discepolo leggendovi incomprensione e non se ne stupì, più d’una volta gl’avevano fatto notare d’essere molto sibillino nel fornire spiegazioni e, più d’una volta egli aveva risposto che per l’essere che Conosce difficile è trovare parole semplici con cui descrivere le proprie visioni.
“Ho trovato una ragazza umana nel bosco” raccolse da terra un coltello iniziando la lenta operazione di sbucciatura delle patate. Inu no Taisho rimase in silenzio, contemplando l’operato del maestro con le sopracciglia inarcate in segno di stupore; aveva vissuto per più di duecento anni con quel demone ed ancora riusciva a trovare strani i suoi comportamenti: quanti altri youkai si mettevano a pelar patate come gli esseri umani? Trasse un profondo respiro sedendosi accanto al fuoco in ginocchio.
“Il vostro interesse per gli umani è rinomato e vi ha creato non pochi problemi” mormorò poco dopo, osservano il fluire delle bucce sulla terra spoglia.
“Come li procurerà a te” ribatté il maestro degnandolo di una fugace occhiata. Di nuovo quella sensazione di onniscienza, di nuovo il presentimento di essere inferiore, ma ad Inu no Taisho non importava poiché sapeva bene, già quando da cucciolo l’avevano portato alla capanna del vecchio youkai, che non avrebbe mai eguagliato il proprio Sensei. Si era impegnato al massimo divenendo Generale e Sovrano, superando qualsiasi altro demone in astuzia e bravura, nonché in pietà tanto che persino gli Anziano lo ritenevano loro pari, aveva scalato il monte ma a scavalcare la cima tanto mancava perché la cima gli sedeva dinnanzi, altera e solenne…

“I tuoi soldati dovrebbero imparare la comprensione” continuò l’antico demone riponendo l’ortaggio appena sbucciato in una cesta intrecciata, per poi ricominciare il paziente lavoro di pelatura su un’altra patata.
“Non lo impareranno mai, odiano i ningen e li considerano alla stregua di bestie da macello, non sapranno mai apprezzarli” sembrò scusarsi il Generale “Vi hanno creato problemi?”
“A me no…ma a lei…”

E fu in quell’istante che le tende di copertura vennero scostate facendo emergere un’esile figura avvolta da pesanti mantelli bardati di pelo. Inu No Taisho voltò lo sguardo in direzione dell’apertura incontrando gli occhi argentei, luminosi come il disco lunare, della giovane donna.
Quest’ultima si arrestò, catturando il labbro inferiore tra i denti. Percepiva nell’aria l’enorme potere rilasciato dal Demone Cane, lo sentiva scivolare sulla pelle del volto ed accarezzarla con la stessa leggerezza della brezza estiva ed in cuor suo sperava che egli fosse colui che stava disperatamente cercando.
Inuzaki sorrise facendole un cenno col capo affinché si avvicinasse.
“Non aver paura” disse sorridendole, mentre lei muoveva alcuni passi lenti verso il Generale, studiandolo con la stessa intensità con cui un ricercatore analizza l’ultimo esemplare di una specie in via d’estinzione e lui fece altrettanto.

Lei lo osservava, era come nei suoi sogni. Alto ed imponente, dai tratti somatici fini ed affilati; gli occhi del demone parevano pozze d’oro fuso e brillavano come pietre d’ambra nel riverbero del fuoco, risaltando contro la pelle pallida, ornata da segni violacei sulle guance. I lunghi capelli, legati in una coda alta, gli ricadevano dietro le spalle bardate dall’armatura e celate dal manto di pelo soffice, bianco come la neve. Teneva le mani dalle acuminate unghie in grembo, le gambe ripiegate sotto le cosce com’era loro tradizione. Bellissimo ed altero, innaturale...ora non aveva più dubbi, poteva pronunciare la parola ‘fine’.

La prima cosa che colpì il demone furono gli occhi color argento perché nella sua lunga esistenza mai aveva visto un ningen possedere tali stupende iridi; poi vennero i capelli rossi come il fuoco, insoliti in una terra dove l’unico colore era il nero e la pelle lattea su cui s’intravedevano tagli e bozzi, escoriazioni provocate dall’irruenza delle sue guardie; il resto del corpo era celato sotto penanti strati di mantello bardato, da cui emergevano due piccole mani dalle dita sottili e gonfie, ricoperte dalle croste. Successivamente, attenzione dell’Inu-youkai venne catturata da un lungo oggetto celato negli stracci che la ragazza teneva sulle spalle mediante una cinghia a tracolla.
Durò poco più d’un istante, ma riuscì a percepire distintamente l’energia oscura che da esso dipartiva.
Vide gli occhi rossi del demonio con la stessa chiarezza con cui scorse quelli della ragazza un istante dopo.

“Chi è lei?” chiese atono cercando di sedare lo stupore che pian piano prendeva il controllo delle membra.
“Shaymalain” rispose semplicemente Inuzaki tornando alla sua occupazione, dopo aver rivolto un piccolo sorriso d’incoraggiamento alla fanciulla.
Quest’ultima, sentendo pronunciare il suo nome, uscì dallo stato contemplativo in cui s’era inabissata rivolgendosi al Generale:
“(Are you the lord of the Inu-youkais?)” chiese speranzosa mentre gli occhi le si illuminavano, mentre Inu No Taisho rimase in silenzio. Non capiva quella lingua ed era evidente che quella ragazza non conoscesse il giapponese, altrimenti avrebbe parlato direttamente in quella lingua più conosciuta; non la capiva ed al contempo smaniava di sapere ogni particolare, ogni minima informazione riguardante quell’esile creaturina che ora lo scrutava sognante.

Come se avesse trovato la redenzione, lo scopo intero dell’esistenza…
Perché?

Fu Inuzaki a rompere il silenzio forzato sceso sulla tenda.
“(Yes Shaymalain…he is Inu No Taisho, lord of the Inu-Youkais)” disse rivolgendosi alla ragazza le cui labbra, nell’udire tali parole, s’incurvarono in un sorriso di gioia; poi spostò lo sguardo sul discepolo traducendo “Prima ti ha chiesto se sei sovrano degli Youkai ed io le ho riposto sì, dicendole il tuo nome. Lei si chiama Shaymalain”
“Conoscete quella lingua?” domandò sbigottito il Demone Cane dagli occhi d’orati, causando la risata dell’anziano.
“Certamente…sono stato parecchie volte nel mondo di quella fanciulla”
“Mondo?” Inu No Taisho parve ancor più sorpreso.
“Non crederai…” iniziò a spiegare il Sensei lanciandogli una lunga e penetrante occhiata, “Che di mondi esista solo questo?”

Il generale non rispose preferendo il silenzio ad un balbettio di frasi sconnesse, senza senso, quali avrebbe rivolto al maestro per cercare di spiegare il suo punto di vista. Curioso era che Inuzaki avesse pronunciato la parola ‘mondo’ invece che ‘terra’, sottolineando il fatto tanto strano quanto improbabile che quella ragazzina provenisse addirittura da un universo parallelo al loro. Possibile? Si chiese il demone osservando sottecchi la fanciulla dai capelli color del fuoco.

“(I have looked for you for so much time)” Shaymalain gli s’inginocchiò dinnanzi con gli occhi velati dalle lacrime.
“Per tanto…tempo…” mormorò in modo che il demone la potesse capire, snocciolando quel poco di giapponese imparato durante il lungo viaggio; istintivamente afferrò gli afferrò le grandi mani ornate da artigli acuminati tra le sue, esili e massacrate dal freddo. Inu No Taisho rimase immobile godendo del contatto tra la sua pelle, fredda ed altera, contro quella di lei, calda e screpolata.
“Ma allora capite…” mormorò restringendo lo sguardo sui grandi occhi argentei, per essere smentito poco dopo.
“No…parlo…giapponese” e percepì con quanta fatica pronunziava quelle semplici parole.
“Sensei…traducile ciò che ti sto per dire per favore…” Occhi d’ambra s’incontrarono con iridi aranciate per un breve lasso di tempo per poi ritornare sul volto della ragazza.
“Chiedile perché mi stava cercando e, da dove viene…”

Inuzaki sorrise. La curiosità di Inu No Taisho aveva un che di patologico, amava scoprire tutto ciò di cui non era a conoscenza e detestava profondamente tutto ciò che potesse sfuggire alla sua comprensione; a nulla sono serviti i suoi insegnamenti né le sue parole quando tentava di spiegare al giovane discepolo che è impossibile per le creature terrene conoscere Tutto. Tradusse la frase alla ragazza che, nell’istante in cui udì le parole, lasciò bruscamente le mani del demone per slegare la cinghia di cuoio che teneva l’oggetto avvolto da stracci ancorato alla sua schiena.
Inu No Taisho percepì ancora l’aura imponente strisciare nell’aria, ma preferì non agire finché la ragazza non avesse terminato la sua opera.

Dai risvolti emerse una lama, troppo lunga per poter essere quella d’una katana, su cui il riverbero del fuoco creava strani giochi di luci ed ombre dai colori tendenti all’azzurro violaceo; sprazzi d’energia si disperdevano nell’aria sottoforma di fili cangianti, carezzando le mani rovinate della giovane e sfiorandole il viso. A seguito della lama emerse l’elsa nera, d’un materiale ch’egli non aveva mai visto; costituita da due pezzi convergenti al centro all’interno di un’infossatura, l’elsa riluceva dello stesso spettrale bagliore della lama, mostrando al demone immagini oscure e macabre quanto l’inferno stesso, mentre la sfera posta all’estremità iniziò a splendere riempiendosi d’una nebbia violacea che prese a vorticare come se fosse scossa da un forte vento.
Non c’erano elementi di spartizione tra impugnatura e lama, non vi era un fodero.
Inu No Taisho rimase stupito nel fissare quella spada di pregevole fattura, impossibile da ricreare in quelle terre e si stupì di bramarla ad un punto tale che, se la ragazza l’avesse celata nuovamente, l’avrebbe uccisa.

Quest’ultima afferrò l’arma con entrambe le mani rialzandola dalle ginocchia e porgendola verso di lui.
“Inu No Taisho…please kill me”

Non c’era paura negli occhi argentati.
La sua voce non tremava.
Era fiera e sicura, rassegnata ad un destino inevitabile.
“Uccidimi” ripeté in modo ch’egli potesse comprenderla.

L’inu-youkai rimase immobile, con le mani serrate attorno alla stoffa dell’hakama.
Che senso ha compiere un lungo viaggio, in un mondo parallelo, per chiedere la morte? Non capiva, non riusciva a comprendere la determinazione di quella ningen e la serena consapevolezza della morte. Inuzaki rise rompendo il teso silenzio ma il generale parve non udirlo.
Gli occhi di Shaymalain brillavano più delle stelle in cielo, più della stessa luna.
Il suo volto sereno, le labbra spaccate, sorridenti, gli provocarono un moto di repulsione?! Che mai prima d’ora aveva sperimentato.
“Perché cerchi la morte? Perché mi chiedi ciò?”
Non servì tradurre, lei aveva capito.
“Perché…destino…” pronunziò nel suo accento strano, distendendo le labbra serenamente.
“Destino…” ripeté il demone confuso. “Il tuo destino è morire?”
“Hai…ad save my world. Please…”
Avvicinò maggiormente la spada che egli raccolse, sebben con riluttanza. Il metallo freddo gli provocò un brivido imparagonabile alla cupa sensazione che s’impossessò delle sue membra.
“Che spada è questa?”
Chiese l’Inu-youkai impugnandola saldamente, osservandone le fattezze ed i bagliori di cui riluceva.
“In my world is the Sword of the Hell” spiegò lei ma il demone non l’ascoltava. Troppo preso dal potere, dal male che risiedeva all’interno della lama non si rese contò d’aver poggiato il taglio soll’esile spalla della ragazza, sfiorandole i lunghi capelli ramati. Non si rese conto di ciò che le braccia facevano finché un’acre odore di sangue si diffuse nell’aria ammorbandogli l’olfatto.
D’istinto, lasciò cadere la spada osservando la ferito inferta alla giovane.
Non era morta, mancava poco.
“Finiscimi…” implorò lei, coprendo lo squarcio con le mani per impedire un’ulteriore fuoriuscita di sangue.
“Uccidimi!” pianse disperatamente…
“Uccidi…” non riuscì a terminare la frase, troppo scossa, esausta, s’accasciò al suolo mentre il demone si stappava un lembo del mantello per tamponarle la ferita.

“Se non farai come ella ti chiede, condannerai il futuro” mormorò sibillino Inuzaki giungendogli affianco. Inu No Taisho lo fulminò con uno sguardo, con gli occhi ambrati divenuti cremisi.
“Perché deve morire?! Voi che tutto sapete spiegatemi?!” l’urlo uscì sottoforma di ringhio gutturale, ricolmo d’odio; il Sensei ignorò lo scoppio raccogliendo da terra la spada per soffermarsi a contemplarne la lama; benché avesse quasi sgozzato una creatura era pulita e priva di qualsiasi traccia di sangue.

“Sou’unga” Mormorò sovrappensiero passando l’indice artigliato sul freddo metallo.
“Cosa?” sbottò il generale, intendo a radunare le erbe necessarie per medicare la ferita della giovane.
“La spada dell’inferno che, secondo le nostre leggende venne estratta dalla coda di Yamata-no-Orochi, il terribile drago a otto teste ed otto code da Susanoo”
Conosceva quella storia, l’aveva studiata durante l’addestramento ed ancor prima udita dalla bocca della madre quando gli narrava le epiche gesta degli eroi leggendari della sua terra. Osservò il volto sereno della ragazza ripensando alle sue parole, benché non le capisse letteralmente il significato era chiaro.
“Lei non è giapponese ed ha nominato ‘hell’, ha un brutto suono questa parola” disse Inu No Taisho applicando un impacco d’erbe tritate ed impastate lungo la ferita sul collo della ragazza, badando di ricoprire il tutto con un panno sterile.
“Quella parola significa inferno. Questa, nella sua cultura è la spada dell’inferno ed a quanto pare voleva lasciartela dopo la morte” spiegò Inuzaki riponendo la spada tra gli stracci.
“Perché?” chiede il Signore degli Inu-Youkai ed il maestro sorrise.

“Perché spetta al dominatore del mondo”

-----------------------------------------------------------------------------------------------



Buon pomeriggio a tutti! Ecco finito il primo capitolo (di Due) del prologo alla storia ‘la Luna nel Lago’ . Questo mini racconto è nato sull’idea dell’altro, cioè: spiegare come il padre di Inuyasha ha ottenuto Sou’unga ed il legame tra quella spada ed il nostro mondo (mondo di Kagome), nonché per introdurre due personaggi un po’ particolari…Beh…fatemi sapere che ne pensate!

Spiegazioni: ovvero, perché l’autrice è tanto ebete da far parlare in inglese i suoi personaggi? Per sottolineare le differenze tra un mondo e l’altro, tra due differenti creature; ho utilizzato la lingua inglese perché è la più conosciuta (il francese mi pareva un po’ fuori luogo) ed ho cercato di fare dialoghi semplici per non rendere gravosa la lettura (e perché anch’io faccio schif in inglese^^)

Il prossimo capitolo: Qui vi è l’incontro, nel prossimo capitolo spiegherò la leggenda della spada e Shaymalain assisterà alla nascita di…(mah, provate a pensare a quale dei figli di Inu No Taisho possa essere nato in questo periodo…^^)
Ringrazio tutti coloro che leggerano…

Un Bacione! Al prossimo capitolo!
 
Top
0 replies since 19/8/2008, 13:38   1584 views
  Share